Fanfani Pittore
’arte si intreccia alla politica nella storia di Amintore Fanfani
Dettagli dell'evento:
- quando: 29-07-2023 | 27-08-2023
- dove:
- info: 0435 32262
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Mostra Fanfani Pittore disponibile dal 29 luglio al 27 agosto 2023 presso gli spazi del Gran Caffè Tiziano nel Palazzo della Magnifica Comunità di Cadore.
Tutti i giorni dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 17:30
info: 043532262 / info@magnificacomunitadicadore.it
Amintore Fanfani (Pieve di Santo Stefano, 6 febbraio 1908- Roma, 20 novembre 1999) è conosciuto soprattutto per la sua attività di politico.
Negli anni tra il 1954-1959 ed il 1973-1975 fu segretario del partito della DC e più volte Presidente del Consiglio, precisamente tra il 1958-159, 1960-1962, 1962-1963, 1982-1983 e nel 1987; verso la fine della sua carriera politica aderì al Partito popolare italiano (1994).
Fu professore di storia economica all’università del Sacro Cuore di Milano dal 1936, in piena era fascista, e dal 1955 al 1983 ottenne la cattedra all’università di Roma.
Dirigente della DC dal 1945, Fanfani divenne anche parlamentare dal 1946 ricoprendo prima il ruolo di deputato fino al 1968 e successivamente divenne senatore, ricoprì incarichi importanti quali Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale e Ministro dell’Interno nei governi De Gasperi e Pella.
Oltre alla politica ed all’insegnamento Fanfani si dedicò anche alla stesura di volumi a tema economico come, ad esempio: Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo (1934); Storia del lavoro in Italia dalla fine del sec. XV agli inizi del XVIII (1943); Storia economica, 2 voll. (1961-1970) e Capitalismo, società, partecipazione (1976).
Morì nella sua casa di Roma il 20 novembre 1999.
Amintore Fanfani sviluppò una grande passione per la pittura e per il disegno sino dalla gioventù, frequentando la scuola di disegno della Società operaia di Pieve di Santo Stefano ed entrando in contatto con Vittore Zanetti Zilla e con Guglielmo Micheli, quest’ultimo maestro di Amedeo Modigliani.
Dopo questa prima fase il giovane Fanfani ebbe modo di acquisire ulteriori competenze pittoriche grazie all’influenza dell’urbinate Giuseppe Busignani, di cui ripeteva spesso le strutture compositive e che fu importante per sviluppare valori neoplastici che nella scuola toscana costituivano un caso isolato.
A quel tempo infatti, si tratta degli anni Trenta del Novecento, vi era una radicata diffidenza verso le teorie estetiche di ogni natura che erano considerate antagoniste di quell’immediatezza e di quella sciolta naturalità ritenute necessarie per il buon esito del lavoro artistico.
Neppure le idee di Margherita Sarfatti, che coniugavano il tradizionalismo della pittura italiana con la modernità, ebbero grande riscontro ed apprezzamento nell’ambiente artistico fiorentino.
In questa dimensione artistica opera Fanfani che sapientemente coniuga la maestria della tradizione rinascimentale toscana, da Masaccio a Piero della Francesca, con l’ottica naturalista dei Macchiaioli.
Il suo stile cambia anche nel disegno, come possiamo notare prendendo in esame due opere come Biancarosa e Stoviglie, entrambe del periodo tra il 1939 ed il 1941, che riflettono l’alternarsi di schemi dotti e la predominanza di toni al limite del monocromato, messe a confronto con Olivo, ove il segno si alleggerisce rendendo così omaggio alla pittura dei Macchiaioli, su tutti Achille Lega, formando molteplici sfumature luminose.
Un esempio di contrapposizione con le correnti artistiche novecentesche è presente nell’acquarello Bacino di San Marco in cui un infinito condizionato che si libra oltre lo spazio ben risponde alla nuova concezione di infinito che andava di pari passo con il concetto scientifico e con la storia della relatività einsteiniana.
Per Fanfani era d’importanza fondamentale immortalare la realtà, diventando il punto fermo delle sue indagini stilistiche rispettando però il vocabolario tecnico della pittura; anche nelle sperimentazioni con altri mezzi, come ad esempio la lavorazione del vetro, il collage e le stampe calcografiche, egli evitò di far dialogare tecniche diverse.
Fanfani crede nella pittura pura e usa questo mezzo per immortalare la quotidianità, più che per scene a carattere storico o per aneddoti di genere, tra i generi da lui spesso proposti troviamo il ritratto.
Questa categoria non era mai mancata nella pittura italiana a cavallo tra le due guerre mondiali ma sarà con artisti quali Carlo Carrà, Giorgio de Chirico e Mario Sironi che avrà maggior successo.
Se però per questi pittori hanno connotazioni che si distaccano dalla visione reale e naturale, come ad esempio in Carrà dove il ritratto è quello metafisico dove vi è un simbolismo preponderante, lo stesso non si può dire per la ritrattistica dipinta da Fanfani che, fatta eccezion per l’utilizzo di toni cupi, bruni e verdastri, non viene influenzata da questo nuovo corso novecentesco.
Tra le opere da citare vi è Autoritratto del 1965, dove però Fanfani non riesce ad animare il modello fotografico da cui deriva il dipinto, il successivo Ritratto di Giorgio (1966) dove è possibile notare più vivacità pittorica contaminata dal verismo ottocentesco ed infine Autoritratto/Ripensando al mio fantasma (1986) e Ritratto di Mariapia Fanfani (1989) ove le sembianze appaiono e scompaiono, mutano contorno ed intensità ed in cui l’autore non definisce natura e carattere ma solo inconsistenza e instabilità.
Nel corso della sua ricerca storica sui processi figurativi Amintore Fanfani ricerca gli indizi di una segreta, inconsapevole contraddizione al naturalismo; nelle sue opere informali ed astratte troviamo una tendenza alla sintesi e alla misura dell’immaginazione, frutto di un bisogno di trovare modi di comunicazione immediati, che non sollecitano nel riguardante le stesse facoltà di emozione cui si appella lo spettacolo naturale, ma, rivelandosi subito per antinaturalistici, agiscono direttamente sui suoi interessi percettivi-concettuali.
La pittura per Fanfani non è solo un passatempo ma emerge come un qualcosa di necessario, di indispensabile ed è per questo che non si può definirlo come un dilettante poiché come un autentico professionista ne conosce forme e movimenti, si muove con agilità tra generi e stili ed osa anche più di un pittore, definendo un proprio marchio riconoscibile.