RIFLESSI DA LAGOLE - GIUSEPPE ROCCHI

Dettagli dell'evento:

  • quando: 12-05-2018 | 03-06-2018
  • dove: SALA CONSILIARE DELLA MAGNIFICA COMUNITA'
  • info: 0435 32262

Il rapporto tra arte e leggenda è una trama costantemente presente nella poetica artistica di Giuseppe Rocchi. Nato a Calalzo di Cadore nel 1947, l’anno nel quale si pianificavano gli scavi archeologici di Lagole che da lì a poco avrebbero portato alla luce una ricchezza storico culturale inestimabile, non poteva non avvertire due forti spinte di ricerca che lo hanno contrassegnato nella sua poetica artistica: da un lato la montagna, vero simbolo e slancio verso l’infinito, che racchiude ed esprime, nasconde e manifesta diversi significati: il mistero e la salvezza sia nella vita quotidiana che nei racconti mitici e leggendari. Basti pensare nelle sue opere alla presenza delle Dolomiti, una ricchezza autentica donata dalla natura, che Rocchi ha saputo cogliere sia nel suo aspetto naturale che trasfigurata, confusa con l’azione caotica dell’uomo. La vetta di ogni montagna, per l’artista, rappresenta il luogo privilegiato in cui si congiungono il mondo visibile con i regni dell’invisibile, talvolta con curiose dicotomie.  La seconda è una sfera mitica, che aleggia nel fondovalle dolomitico e si accentua in pochi ma significativi luoghi come a Lagole, dove da millenni le popolazioni si incontravano per purificare il corpo e lo spirito attraverso riti a noi non ancora del tutto chiari. Rocchi, attraverso le sue opere dedicate a questo sito archeologico e sacro, sembra quasi rievocare un luogo primordiale, una sorgente di visioni e di luce, di colore che svanisce nelle acqua per rianimarsi di mistero e di grazia. In questo l’artista ha capito che Lagole possiede delle qualità fisiche, naturali e spirituali o meglio sacrali e ascetiche, atte a sublimare l’esistenza, a fornire una via di fuga dall’ordinario urbano: silenzio, magia e rispetto sono i veri messaggi che ci arrivano dalle opere. Rocchi mette in gioco la sua interiorità per tradurre il mondo dell’invisibile, per rendere la natura percepibile spiritualmente, per creare percorsi mentali di interpretazione del mistero.

Proprio a Lagole è nato il suo amore per la storia e per la ricerca delle origini. La sua passione cresceva dentro smisurata, prepotente, diveniva la spinta verso la ricostruzione del mondo. Figure celestiali, dame e ninfe, si sposano con l’armonia della natura: osservando Bianca andare incontro al proprio crudele destino fluttuando sulle acque, guardando le bagnanti animare le acque del laghetto delle Tose non si avverte mai violenza o volgarità, ma solamente grazia, una grazia quasi smarrita nella storia, sepolta da decenni di conflitti che hanno corrotto l’autenticità dei nostri luoghi. Non è illusione pura, quindi, l’opera di Rocchi ma il materico riflesso dello specchio d’acqua, presenta un’immagine reale. Noi siamo posseduti da tutto ciò che è visibile, ma in queste forme ci incanta la sua dimensione segreta, l’invisibile. Quante volte vedendo un’immagine diciamo segretamente tra noi stessi: “l’ho già vista?”. Eppure non sappiamo dove né quando, ma siamo certi che qualcosa ci ha messo in relazione con queste visioni. I contorni dei luoghi e delle vicende slabbrano, la storia sfugge, ma noi sappiamo che qualcosa è accaduto. Quando diciamo “storia”, “racconto”, “evento” non sempre parliamo di qualcosa che sappiamo bene riassumere, ma sentiamo che è avvenuto.

L’immagine specchiata sarà sempre fuggevole, ma per un istante, nel tempo mondano ed effimero, è stata colta come una fiamma la cui ustione sarà un ricordo di quel contatto, di quell’evento. Lo specchio è oggettivo, ma non crudele, non staccato e freddo. Ci mette in relazione con l’immagine e con la sua realtà invisibile, ci mostra tutti i lati della storia. Rocchi con le sue “visioni lagoliane” ci suggerisce questo, con sobrietà e magia. In questa maniera l’uomo ancor prima che l’artista, lo scultore, lo storico, il montanaro, si è accostato, lasciandoci un segno, al meraviglioso universo di Lagole. Rievocando l’antico in contrapposizione al moderno, senza polemica ma con garbo. Un ritorno alle origini che sembra precorrere un nuovo spirito romantico e che potrebbe portarci fuori dalla palude di tentativi audaci che spesso, troppo spesso, l’arte attuale ci propone.